Roma, si consegna il re delle slot machine: Francesco Corallo era latitante dal 2012

Roma, si consegna il re delle slot machine: Francesco Corallo era latitante dal 2012

Si trovava a Santo Domingo, è tornato oggi a Roma e si è presentato agli agenti della Polaria di Fiumicino. La sua società gestisce, in Italia e all’estero, un giro d’affari da 30 miliardi
Roma, si consegna il re delle slot machine:  Francesco Corallo era latitante dal 2012
ROMA – Si è consegnato agli agenti della Polaria di Fiumicino Francesco Corallo, il re delle slot machine, latitante  dal maggio 2012 per corruzione. Corallo si trovava a Santo Domingo ed è rientrato a Roma oggi pomeriggio. Francesco Corallo, classe 1960, è il titolare della Bplus Giocolegale ltd (già Atlantis), la più grande società di slot machine in Italia e all’estero, per un giro d’affari da 30 miliardi ogni anno. Nel procedimento contro Corallo è coinvolto anche Massimo Ponzellini, ex presidente della Bpm, arrestato sempre nel maggio 2012 per i finanziamenti concessi alle società riconducibili a Corallo. Nel mirino degli inquirenti era finito il finanziamento da 148 milioni di euro da parte di Bpm alla società Atlantis/BpPlus. La banca avrebbe prestato soldi alla Atlantis che, risalendo la catena di controllo, farebbe capo attraverso una società offshore delle Antille Olandesi a Francesco Corallo. I ricavi della Atlantis, attiva nei giochi d’azzardo e vincitrice di una gara d’appalto con l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams), finirebbero al di fuori dei confini nazionali, senza saperne la destinazione. Dubbi sarebbero emersi anche su un aumento di una fideiussione concessa ad Atlantis, in occasione della quale non sarebbero stati verificati i requisiti della società, primo fra tutti la necessità che la società per ottenere le concessioni sui giochi d’azzardo dalla Stato italiano non avesse sede in Paesi a fiscalità agevolata. Nell’indagine sulla Bplus, durante una perquisizione, un computer venne sottratto dal parlamentare Amedeo Laboccetta, e poi restituito solo più tardi. Nei documenti sequestrati, si trovarono anche tracce di un conto off shore intestato a James Walfenzao, lo stesso fiduciario della società Printemps che acquistò la casa di Montecarlo in cui viveva Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini.
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CHI È CORALLO: IL RE DELLE SLOT, TRA EX AN E MAFIA – 
Partiamo dall’inizio, addirittura dal padre di Francesco. Gaetano Corallo, infatti, è stato condannato a sette anni per associazione a delinquere per la scalata (sventata dai magistrati) ai casinò di Campione e Sanremo da parte degli amici del boss di Catania, Nitto Santapaola, di cui, d’altronde, Corallo era grande amico. Il boss di Catania, infatti, aveva fatto le vacanze aSaint Marteen (dove oggi ha sede la sua impresa, la Atlantis B-Plus) alla fine del 1979. Non solo: il pentito Angelo Siino aggiunse che Santapaola aveva trascorso un anno da latitante a Saint Marteen nel 1986, quando sfuggiva all’arresto per l’omicidio del generale Dalla Chiesa. Proprio in quel periodo fu arrestato il fratello di Santapaola, Giuseppe: venne fermato proprio con l’indirizzo di Gaetano Corallo nell’isola caraibica. Francesco, però, ha sempre precisato che i rapporti con il padre sono da tempo terminati e che, soprattutto, le sue società non hanno nulla a che fare con questi legami. Eppure si fa fatica a credergli. Anche Corallo jr, infatti, ha avuto problemi giudiziari: è stato sottoposto a indagini (che non hanno però portato ad alcun esito) per narcotraffico e riciclaggio. Oggi, invece, è latitante, visto il mandato di arresto per l’inchiesta che ha portato ai domiciliari anche l’ex presidente della Banca Popolare di Milano Massimo Ponzellini. Nonostante tutto questo, però, la Atlantis B-Plus  è tra le dieci concessionarie dei Monopoli di Stato, detentrice del primato di slot in Italia, nonostante peraltro abbia la sue sede legale appunto nelle Antille.
Qualche mese fa, però, Corallo stava rischiando di perdere il suo impero. Tutta colpa di una norma che poneva importanti barriere antimafia: nel testo originario, infatti, si specifica il “divieto di partecipazione a gare di rilascio, rinnovo e per il mantenimento delle concessioni opera anche nel caso in cui la condanna, ovvero l’imputazione o la condizione di indagato sia riferita al coniuge nonché ai parenti ed affini entro il terzo grado dei soggetti indagati”. Per quanto detto sopra, era ovvio che Corallo avrebbe rischiato di perdere le concessioni. Per fortuna, però, nel segreto della Commissione Finanze, la longa manus del Pdl ha inserito un cambiamento determinante per  gli interessi criminali. Ad essere stata modificata, appunto, la norma che poneva importanti barriere antimafia. Il nuovo testo – già approvato a Montecitorio e ora in discussione al Senato – fa piazza pulita di tali norme antimafia. Sparisce infatti il divieto “per i parenti e per gli affini entro il terzo grado”: “Il divieto di partecipazione a gare di rilascio, rinnovo e mantenimento delle concessioni opera anche nel caso in cui la condanna o l’imputazione (cioè il rinvio a giudizio) sia riferita al coniuge non separato”: svanisce, in pratica, il divieto di concessione a indagati e condannati, inclusi i loro coniugi, fino al terzo grado di parentela. Il risultato è scontato: gioco forza si lascia un enorme campo aperto agli interessi malavitosi.
Ecco, allora, che arriviamo ai forti legami di Corallo con altri esponenti ex An. Uno su tutti Amedeo Laboccetta (oggi Pdl) che, guarda caso, lo ritroviamo proprio in Commissione Finanze (la stessa responsabile dell’emendamento). Ma cosa c’entra Amedeo Laboccetta con questa storia? Molto. Il suo nome, connesso con quello di Corallo, emerge per la prima volta nel 2006, nell’inchiesta riguardante le pressioni di Vittorio Emanuele di Savoia sui Monopoli di Stato. Leggendo le carte viene fuori, come rivelato dall’onorevole Franco Barbato, un finanziamento di 50 mila euro da parte di Corallo a Laboccetta.
Non solo. Prima di diventare parlamentare, Laboccetta era rappresentante legale dell’Atlantis. E, al tempo, era molto attivo: in una intercettazione emergono le sue pressioni a Francesco Cosimo Proietti, l’allora segretario di Gianfranco Fini. Il motivo? Evitare la revoca delle concessioni delle slot (per una condanna della Corte dei Conti per aver fatto funzionare i macchinari “in nero”, senza dunque comunicare la giusta rendicontazione al centro di controllo). Revoca che, caso o conseguenza, non ci sarà.
Insomma, da Fini a Prioetti. Da Laboccetta ai fratelli Tulliani. Il latitante Francesco Corallo sa bene come muoversi.
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La bomba esplode senza fare troppo rumore, nascosta nel battibecco in diretta a Ballarò tra Tremonti e Fini. Accade subito dopo che il leader Fli si vanta di aver «mandato a casa» l’ex ministro per i suoi tagli lineari. A quel punto Tremonti lascia partire il missile: «No, tu mi hai mandato a casa per altri motivi, per i giochi e lo sai benissimo… Corallo… Pensavo fossi più prudente, poi ti spiego perché, ma te lo dico fuori», costringendo Floris a chiudere lì quel che si stava trasformando da bisticcio in allusione pesante: «Basta sennò fate come Albertini con Formigoni…». Ma a cosa si riferiva l’ex ministro dell’Economia? I «giochi» sono quelli delle slot, business miliardario della Atlantis World Ltd (oggi B-plus) riconducibile a Francesco Corallo, latitante, nel cui ristorante al casinò dell’isola di Saint Marteen nel 2004 cenò Gianfranco Fini e l’ex moglie, oltre allo storico braccio destro Checchino Proietti, finito al centro di un’indagine della magistratura di Tivoli per un finanziamento di Corallo ad un’associazione di Subiaco riconducibile allo stesso Proietti. Di Corallo si è parlato a lungo perché un suo manager, Walfenzao, era dietro l’affare delle off-shore di Montecarlo che ha coinvolto i fratelli Tulliani i quali devono ancora spiegare cosa ci facevano i loro passaporti nella casa romana di Corallo perquisita recentemente dalla Gdf nell’inchiesta sulla Bpm di Ponzellini. L’Atlantis è stata a lungo nell’interesse dell’entourage del cognato di Tulliani. La frase di Tremonti sembra invece tirare direttamente in ballo Fini, con i «giochi di Corallo» come causa dello scontro con lui, allora reggente del Tesoro. Faccende molto delicate («Pensavo fossi più prudente»), da discutere a quattr’occhi. Non sappiamo se si siano parlati e cosa si siano detti Tremonti e Fini dopo la sigla di Ballarò, ma qualche indizio è facile trovarlo qua e là. Come le ripetute telefonate (inchiesta di Potenza) dell’immancabile Proietti Cosimi (già capogruppo Fli in Commissione Finanze) all’allora direttore dei Monopoli di Stato, per avere notizie sulla concessione ad Atlantis, che tardava ad arrivare. Gli uomini di Fini, insomma, si davano un gran da fare per curare gli interessi della Atlantis, ma le numerose interrogazioni del dipietrista Barbato, ad esempio, non hanno mai trovato risposte. Corallo si faceva vivo direttamente col braccio destro di Tremonti, l’onorevole Marco Milanese, che in un’audizione ha raccontato: «Il signor Corallo mi chiamava molto spesso per segnalare le presunte scorrettezze che i Monopoli ed il ministero dell’Economia perpetravano nei loro confronti a tutto vantaggio, a loro dire, di un’unica concessionaria: “Lottomatica”. (…) È stato un continuo lamentarsi, fino al punto che Corallo mi ha ritenuto il responsabile di una norma che lui considerava molto dannosa e creata ad personam, promulgata cioè solo “contro” la sua azienda. Norma, ribadisco, che è stata da me formulata in quanto relatore del disegno di legge e con la quale Corallo doveva portare la sede della sua società da un Paese così detto “paradiso fiscale” ad un Paese della Ue, oltre ad essere costretto a far emergere la effettiva compagine societaria della concessionaria e della sua controllante». La Atlantis ostacolata da Tremonti? E Fini, cognato di Tulliani, a che «giochi» ha giocato?
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